Contraffazione dei marchi delle squadre di calcio: applicabili le norme penali
Le norme penali in materia di contraffazione si applicano ai marchi delle squadre di calcio, anche nel caso di falsi grossolani: lo ribadisce la Corte di Cassazione.
La Corte di Cassazione ha confermato che i marchi delle squadre di calcio sono tutelabili, e chi li falsifica è perseguibile penalmente anche nel caso in cui la contraffazione non sia tale da trarre in inganno i consumatori.
Dovrà quindi fare marcia indietro il Tribunale di Lodi, che aveva annullato un provvedimento di sequestro riguardante oltre 2.600 magliette contraffatte di diverse squadre di calcio italiane ed estere, fra le quali Juventus, Inter, Milan e Roma.
Il sequestro era stato disposto dal pubblico ministero in base all’articolo 474 del Codice Penale, che punisce chiunque introduca nel territorio italiano prodotti industriali con marchi o altri segni distintivi, nazionali o esteri, contraffatti o alterati.
Il tribunale aveva annullato il sequestro sostenendo essenzialmente che il nome di una squadra di calcio non potrebbe essere considerato come marchio tutelato dall’articolo 474, perché le squadre di calcio nascerebbero come associazioni senza scopo di lucro e perché i nomi delle squadre di calcio, coincidenti spesso con i nomi delle città o regioni in cui giocano, non avrebbero i requisiti di originalità e novità indispensabili per la registrazione dei marchi.
Secondo il tribunale inoltre i marchi sulle magliette sequestrate presentavano delle differenze tali rispetto ai marchi originali da escludere l’applicabilità delle norme penali sulla contraffazione e, in ogni caso, andavano considerati “volgarizzati”.
La Corte di Cassazione sez. V penale, con la sentenza n. 33900 del 19 luglio 2018, ha annullato l’ordinanza del Tribunale di Lodi.
La corte ha osservato innanzitutto che le società sportive vanno considerate imprese a tutti gli effetti. Infatti, già dal 1996 le società sportive professionistiche possono perseguire lo scopo di lucro non solo nell’attività sportiva ma anche nelle attività connesse quali la vendita dei diritti, di spazi pubblicitari e di prodotti di merchandising.
In secondo luogo la corte ha ribadito, facendo riferimento alla propria giurisprudenza, che anche il marchio contenente il nome di una città o di una regione può essere registrato, a condizione che il marchio non svolga una funzione meramente descrittiva e abbia acquisito capacità distintiva anche grazie all’uso del segno. In ogni caso, i marchi delle squadre di calcio in questione sono pienamente tutelabili in quanto molto noti presso il pubblico e di certo non volgarizzati.
Sull’aspetto delle differenze fra i marchi sulle magliette contraffatte rispetto ai marchi originali, la sentenza sottolinea innanzitutto che l’articolo 474 del Codice Penale punisce non solo la contraffazione ma anche l’alterazione del marchio, ovvero la sua riproduzione solo parziale ma tale da indurre confusione fra l’originale e il falso.
La corte ha poi confermato che in qualsiasi caso le norme penali sul falso tutelano la fiducia del cittadino nei marchi e negli altri segni distintivi, quindi si applicano anche nel caso in cui il consumatore non venga tratto in inganno, ad esempio perché il falso è troppo grossolano o perché le modalità di vendita facciano escludere che si tratti di un prodotto originale.
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