Posted by Laura Ercoli on 13 aprile 2016

Quando la contraffazione è anche concorrenza sleale: la sentenza nel caso Thun

DESIGN E DIRITTO D’AUTORE

Imitare i prodotti della concorrenza, oltre a violare i diritti di proprietà intellettuale, può costituire concorrenza sleale: il Tribunale di Milano ha riconosciuto che l’imitazione continua e sistematica delle scelte e iniziative della Thun, unita alla riproduzione degli elementi dei modelli Thun che consentono al pubblico di riconoscerne la provenienza, ha costituito concorrenza sleale oltre che contraffazione dei design registrati e del diritto d’autore.

La Thun S.p.A., produttrice di oggettistica in ceramica, aveva citato in giudizio la concorrente società Due Esse Distribuzioni S.r.l lamentando l’imitazione di una serie di propri modelli.
Del caso è stata investita la Sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale di Milano, che si è pronunciata con sentenza n. 1935/2016 del 16 febbraio 2016.Fake

La corte ha innanzitutto accertato la validità dei modelli registrati dalla Thun per molti dei prodotti in questione; ha poi stabilito che gli oggetti prodotti dalla Thun, in quanto opere dotate di carattere creativo e valore artistico, godono anche della protezione del diritto d’autore in base all’articolo 2 n. 10 della legge 633/1941 sul diritto d’autore, che estende la tutela alle opere del disegno industriale.

La Thun aveva chiesto che ai propri modelli fosse riconosciuta l’applicabilità dell’articolo 2 n. 4, riguardante le opere di scultura e le arti figurative.

Il tribunale ha opinato però che le creazioni della Thun non rientrano fra le opere della scultura. Pur riconoscendo superata l’interpretazione secondo la quale l’opera di scultura si presuppone creata in un esemplare unico, gli oggetti della Thun sono infatti da considerare opere di design industriale in quanto prodotti serialmente in quantità indeterminate di esemplari e venduti tramite negozi di arredamento, articoli da regalo, cartolerie e simili.

Per quanto riguarda il giudizio di contraffazione, il tribunale ha riconosciuto che i prodotti della Due Esse imitavano gli oggetti della Thun, dei quali venivano riprodotti i soggetti, le scelte stilistiche ed espressive, dal punto di vista sia dell’aspetto complessivo che dei dettagli.

Il tribunale ha escluso che la qualità inferiore dei prodotti Due Esse potesse avere rilevanza, poiché il consumatore non procede al raffronto diretto fra l’originale e l’imitazione, ma riconosce i caratteri peculiari dell’originale nel prodotto di imitazione.

Infine, la sentenza ha riconosciuto la concorrenza sleale e imitazione servile da parte della Due Esse, stabilendo che i suoi prodotti si differenziavano dagli originali solo per dettagli minimi, e generavano confusione nel consumatore sull’origine del prodotto perché riproducevano gli elementi degli oggetti Thun che consentono al pubblico di individuarne subito la provenienza.

Il numero dei modelli imitati nel tempo dimostra inoltre che la Due Esse, riproducendo in modo non casuale le scelte stilistiche della Thun, aveva operato sulle sue orme in modo continuo e sistematico, danneggiando la concorrente.

Il tribunale ha dunque condannato la Due Esse al risarcimento dei danni e delle spese legali.

La sentenza ha ordinato inoltre il ritiro dal mercato e la distruzione dei prodotti in violazione dei diritti di design e d’autore in capo alla Thun, vietandone l’importazione e la vendita e fissando una penale per ogni violazione o ritardo nel rispetto di queste disposizioni.

Infine, il tribunale ha ordinato la pubblicazione del dispositivo della sentenza sulla rivista Vanity Fair oltre che sulla home page sito della Due Esse.

13 Aprile 2016

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