Tribunale unificato dei brevetti, a che punto siamo?
TRIBUNALE UNIFICATO DEI BREVETTI
Mentre l’Italia si prepara a depositare lo strumento di ratifica dell’Accordo sul Tribunale unificato dei brevetti, il risultato del referendum sulla Brexit getta un’ombra sul futuro del brevetto unitario e fa sorgere dubbi sull’opportunità per l’Italia di procedere subito alla ratifica.
La ratifica italiana dell’Accordo sul Tribunale unificato dei brevetti (l’Accordo) ha ultimato l’iter parlamentare il 18 ottobre 2016, con l’approvazione definitiva da parte del Senato del relativo disegno di legge (leggi il testo approvato).
L’ultimo atto formale ancora mancante è il deposito dello strumento di ratifica presso la Commissione Europea.
Ma a che punto è il Tribunale unificato dei brevetti europei che avrà giurisdizione sui brevetti unitari con validità in 25 paesi dell’Unione Europea e sui brevetti europei? Sono ancora realistiche le previsioni ufficiali di un’entrata in vigore dell’Accordo ai primi del 2017?
L’esito del referendum sulla permanenza del Regno Unito dall’Unione Europea, nonostante la posizione ottimista al riguardo del presidente dell’Ufficio Europeo dei Brevetti, sta avendo un impatto sui preparativi per il varo del tribunale: il 17 ottobre la Commissione Preparatoria del tribunale ha comunicato che alla luce del risultato del referendum la procedura di selezione e nomina dei giudici subirà un ritardo non meglio specificato.
È innegabile infatti che, anche senza voler entrare nel merito degli aspetti politici, la probabile uscita del Regno Unito dall’Unione Europea pone delle questioni giuridiche fondamentali per il futuro del Tribunale unificato dei brevetti e del brevetto unitario.
L’impatto della Brexit sul Tribunale unificato dei brevetti
L’Accordo istituisce un tribunale sovranazionale competente per i brevetti unitari ed europei che avrà divisioni centrali a Monaco, Parigi e Londra, nonché divisioni locali nei paesi aderenti con un sufficiente numero di cause in materia di brevetti. Fra questi paesi c’è anche l’Italia, che ha già provveduto ad individuare la sede milanese della propria divisione locale.
In seguito all’esito del referendum, sono state fatte due ipotesi per consentire al tribunale di procedere nonostante la possibile uscita del Regno Unito dall’Unione Europea: la prima è quella di permettere al Regno Unito di partecipare ugualmente al tribunale, mentre la seconda è quella di mettere il tribunale in condizioni di esistere senza la partecipazione del Regno Unito.
Entrambe le ipotesi comportano modifiche all’Accordo: nel primo caso sostanziali, in quanto dovrebbero consentire la partecipazione di un paese esterno all’Unione Europea, nel secondo caso marginali, allo scopo di trasferire altrove la divisione centrale assegnata a Londra.
Tuttavia, qualsiasi modifica all’Accordo richiede il consenso di tutti i paesi partecipanti. Comunque, la modifica dell’Accordo azzererebbe le undici ratifiche già depositate presso la Commissione Europea; riavviare il processo di approvazione del nuovo accordo e di conseguenza di tutte le ratifiche nazionali necessarie richiederà tempi molto lunghi, misurabili in anni.
Sembrerebbe quindi che, alla luce delle norme dell’Accordo, l’unico scenario in cui il Tribunale unificato dei brevetti possa effettivamente diventare operativo entro tempi ragionevoli sia quello in cui il Regno Unito decida di rimanere nell’Unione Europea.
In caso di Brexit la ratifica italiana diventerà indispensabile
Un’eventuale uscita del Regno Unito dall’Unione Europea renderebbe indispensabile la ratifica Italiana per l’entrata in vigore dell’Accordo.
Infatti, ai sensi del comma 1 dell’art. 89, l’Accordo può entrare in vigore soltanto dopo la ratifica dei tre paesi membri dell’Unione Europea che nel 2012 avevano il maggior numero di brevetti europei in vigore (ovvero Francia, Germania e Regno Unito) e di dieci altri paesi firmatari.
Se il Regno Unito cessasse di essere un membro dell’Unione Europea, l’Italia diverrebbe automaticamente il terzo paese membro la cui ratifica è obbligatoria per l’entrata in vigore dell’Accordo, in quanto nel 2012 l’Italia era il terzo paese UE con il maggior numero di brevetti europei in vigore.
Pertanto, nel caso in cui il Regno Unito uscisse dall’Unione Europea e l’Italia non avesse ratificato nel frattempo l’Accordo, la posizione dell’Italia nel panorama dei paesi aderenti all’Accordo acquisterebbe potere, spendibile ad esempio per negoziare la riassegnazione a Milano della divisione centrale attualmente assegnata a Londra.
Al netto delle questioni giuridiche sopra descritte che dovranno comunque essere affrontate in caso di Brexit, è dubbio che per l’Italia sia conveniente affrettarsi a depositare il documento di ratifica (cosa che non ha fatto neppure la Germania che è un altro paese decisivo) quando ancora il governo britannico non ha ancora dato segnali chiari su come e quando intenda attivare la procedura per l’uscita dall’Unione Europea.