SIBPrima febbraio 2016 – Quanto vale il brand – Agevolazioni per PMI – Riforma UE marchi
LA PROPRIETA’ INTELLETTUALE NELLA PRATICA
Quanto vale il brand?
Una risposta concreta dai dati sulle transazioni
I dati sulle acquisizioni di imprese italiane e internazionali danno indicazioni reali su quanto un brand possa contribuire ai profitti e al valore globale dell’impresa.
Quanto vale il mio brand? La domanda spesso sorge soltanto nel momento in cui l’impresa è oggetto di una transazione. Ma avere un’idea di quanto il brand possa influire sul valore globale di un’impresa in realtà è imprescindibile per chi opera nei mercati di oggi, dominati dall’economia dell’intangibile.
Innanzitutto, di cosa parliamo quando parliamo di brand? Mentre fino a qualche anno fa per “brand” si intendeva essenzialmente la marca, e molto spesso il marchio stesso, oggi gli esperti di marketing attribuiscono al termine un significato molto più ampio, di cui esistono definizioni diverse.
Secondo David Ogilvy, fondatore di una delle maggiori marketing company mondiali, il brand è “La somma intangibile degli attributi di un prodotto: il nome, il packaging, il prezzo, la sua storia, la sua reputazione e il modo in cui viene pubblicizzato”.
E’ possibile dunque definire il brand come la somma di valori ed emozioni che il pubblico associa a un prodotto o ad un’impresa. E’ bene tuttavia ricordare che, ieri come oggi, il marchio rimane uno degli elementi costitutivi del brand, e molto spesso rappresenta una parte preponderante del suo valore.
Ma quanta parte del valore dell’impresa può essere costituito dal solo valore del brand? E soprattutto, quanto il brand può contribuire ai profitti dell’impresa?
I primi 20 brand mondiali nelle transazioni 2013-2014
Ogni anno vengono pubblicate diverse classifiche sulle stime di valore dei maggiori brand mondiali, eseguite da società di consulenza che attribuiscono un valore teorico ai brand in base a una serie di parametri quali ad esempio il fatturato, il posizionamento sul mercato e la fiducia dei consumatori.
Un dato molto più concreto emerge dalle cifre reali che sono state pagate per un brand nell’ambito di una compravendita di impresa. Secondole informazioni registrate da Markables, nelle prime 20 transazioni per valore a livello mondiale del 2014, il brand ha rappresentato in media il 33.8% del valore globale dell’impresa.
Altro dato significativo è che la percentuale dei profitti dell’impresa attribuibile direttamente al brand, in questa classifica, era in media del 13%. La classifica top 20 delle transazioni del 2014 non comprende alcun brand italiano, ma in compenso ne compaiono ben due in quella del 2013 (vedi sotto), al 6° e al 18° posto rispettivamente.
Il brand Loro Piana, azienda acquisita dalla francese LVMH, è stato valutato a oltre un miliardo e 700 milioni di dollari USA, ovvero quasi il 56% del valore globale dell’impresa. La percentuale dei profitti aziendali attribuibili direttamente al brand è stata stimata al 20%.
Top 20 transazioni nel 2013
Brand | Paese | Settore | Valore brand in mln di $ USA | Valore del brand (% del valore impresa) | % profitto impresa attribuito al brand | |
1 | Heinz | USA int. | Food | 12.130 | 40,5% | 10% |
2 | Sprint | USA | Telecomunicazioni | 6.455 | 11,8% | 2% |
3 | Bausch&Lomb | USA int. | Cura degli occhi | 3.461 | 39,8% | 12,5% |
4 | Corona | USA | Bevande, birra | 2.306 | 32,6% | 10% |
5 | ICA | Svezia | Retail | 1.873 | 42% | 1% |
6 | Loro Piana | Italia | Beni di lusso | 1.726 | 55,7% | 20% |
7 | Monoprix | Francia | Retail | 745 | 19,6% | 1,5% |
8 | Warnaco | USA | Abbigliamento | 605 | 20,1% | 3,5% |
9 | eSpeed | USA | Piattaforma ecommerce | 578 | 46,7% | nd |
10 | Js. A. Bank Clothiers | USA | Abbigliamento uomo | 539 | 36,2% | 6% |
11 | Sealy | USA | Letti e materassi | 524 | 40,9% | 4% |
12 | Kayak | USA | Sito per viaggiatori | 496 | 26,5% | 20% |
13 | Vinda | Cina | Carta casa | 445 | 29% | 5% |
14 | SBS Discovery television | Scandinavia | Canale TV | 392 | 22,8% | 10% |
15 | Saks Fifth Avenue | USA | Specialty retail | 374 | 11,5% | 1,5% |
16 | Wish-Bone | USA | Condimenti | 348 | 60,4% | 20% |
17 | NYSE Euronext | USA int. | Piattaforma trading finanza | 320 | 2,3% | 1,5% |
18 | Pomellato | Italia | Gioielli | 279 | 73,7% | 12,5% |
19 | The Brick | Canada | Retail mobili | 277 | 34,1% | 2% |
20 | Skippy | USA | Burro arachidi | 265 | 39,8% | 8% |
dati Markables
Il brand Pomellato, acquistato dalla francese Kering, è stato valutato 279 milioni di dollari, ovvero poco meno del 74% del valore globale dell’impresa, con una percentuale di profitti aziendali attribuibili direttamente al brand del 12,5%.
Considerando tutte le top 20 transazioni del 2013, il brand ha rappresentato in media il 34.3% del valore globale dell’impresa.
I primi 10 brand italiani nelle transazioni 2001-2014
Prendendo in esame soltanto i primi 10 brand di maggior valore nell’acquisto di aziende italiane dal 2001 al 2014, sempre secondo Markables il prezzo maggiore risulta quello pagato da PPR/Kering per il brand Gucci (oltre 6 miliardi di dollari USA), seguito da LVMH per l’acquisizione di Bulgari nel 2011: il solo brand fu pagato due miliardi e 900 mila dollari USA, ovvero il 55% del prezzo pagato per l’impresa.
Brand | Acquirente | Anno | Valore brand in mln di $ USA |
Valore del brand (% del valore impresa) |
% profitto impresa attribuito al brand |
|
1 | Gucci | PPR/Kering | 2001 | 6.167 | nd | 15% |
2 | Bulgari | LVMH | 2011 | 2.923 | 55% | 15% |
3 | Wind Telecom | Vimpelcom | 2011 | 2.059 | 7% | 2.5% |
4 | Loro Piana | LVMH | 2013 | 1.726 | 55,7% | 20% |
5 | Edison | EDF | 2012 | 1.214 | 16% | 1% |
6 | Fendi | LVMH | 2002 | 765 | 71% | 15% |
7 | Findus | Iglo | 2010 | 563 | 50% | 10% |
8 | Indesit | Whirlpool | 2014 | 535 | 28% | 1.5% |
9 | Ducati | VW/Audi | 2012 | 519 | 68% | 10% |
10 | Brioni | PPR/Kering | 2012 | 340 | 85% | 17.5% |
dati Markables
Secondo i dati disponibili (escludendo quindi Gucci, brand per il quale manca il valore percentuale sul totale) il brand italiano con un valore percentuale più alto rispetto al prezzo dell’impresa è stato Brioni, venduto nel 2012 alla PPR/Kering per 340 milioni di dollari USA, cifra che costituiva l’85% del valore totale della transazione.
Uscendo dal settore dell’alta moda i valori assoluti di scambio dei brand calano sensibilmente, ma rimane alto il valore percentuale rispetto a quello totale dell’impresa, con il brand Ducati valutato al 68%, il brand Findus al 50% e quello Indesit al 28%.
In media, il valore dei brand italiani ha contribuito per il 48% al valore dell’intera impresa.
Evidentemente esistono molte imprese per le quali il brand non raggiunge percentuali di valore così alte del valore globale, che invece può essere influenzato maggiormente da altri beni immateriali (ad esempio know-how e brevetti) oppure da beni materiali.
I dati forniti hanno però il pregio di costituire una dimostrazione concreta che il brand è un asset fondamentale che può contribuire in modo sostanziale sia ai profitti dell’impresa che al suo prezzo globale in caso di acquisto da parte di terzi, e in cui pertanto vale decisamente la pena di investire nel tempo, seguendo precise strategie di valorizzazione.
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FONDI ALLE IMPRESE
Agevolazioni per le PMI: i bandi Marchi +2 e Design +3
Due opportunità importanti per le piccole e medie imprese che desiderano tutelare e valorizzare la proprietà intellettuale.
Marchi +2
Il bando Marchi +2 permette di ottenere un contributo massimo di 20mila euro per coprire fino al 90% del costo per la registrazione di marchi all’estero. L’agevolazione riguarda la progettazione del marchio, l’assistenza al deposito, l’estensione ulteriore di un marchio internazionale già esistente, le ricerche di anteriorità, l’assistenza legale e le tasse, e può riguardare più di un marchio.
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Disegni +3
Il bando Disegni +3 prevede la concessione di contributi in conto capitale per la realizzazione di progetti di valorizzazione di design registrati (disegni o modelli) finalizzati all’accrescimento della competitività dell’impresa. Il contributo copre fino all’80% delle spese per vari servizi, comprese la valutazione del design e la consulenza legale finalizzate alla vendita del design o alla sua cessione in licenza.
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NUOVE NORME
La riforma marchi UE, cosa cambia e quando
La riforma rafforza alcune tutele e riduce il costo di deposito del marchio comunitario, ma attenzione all’elenco di prodotti e servizi dei marchi comunitari già depositati: potrebbe essere necessario un adeguamento.
A fine dicembre 2015 sono stati pubblicati due importanti provvedimenti che rivoluzionano la normativa sui marchi nell’Unione Europea, con effetti importanti sia sul marchio comunitario valido in tutti i paesi UE sia sui marchi nazionali validi nei singoli paesi UE, come ad esempio il marchio italiano.
Le novità sono introdotte dalla nuova direttiva sui marchi, ovvero la Direttiva UE 2015/2436, e dal nuovo regolamento sul marchio comunitario, ovvero il Regolamento UE 2015/2424.
Le modifiche hanno tempi di attuazione diversi: le prime a entrare in vigore, a partire dal 23 marzo 2016, sono quelle riguardanti il marchio comunitario. Per le novità che comportano l’adeguamento delle norme nazionali degli stati membri UE i tempi sono più lunghi.
Attenzione immediata: prodotti e servizi coperti dal marchio comunitario
L’aspetto di questa riforma che merita attenzione immediata riguarda i titolari di marchio comunitario.
Con il nuovo regolamento muta infatti il criterio per interpretare l’indicazione dei prodotti e servizi nelle registrazioni e nelle domande di marchio comunitario: i prodotti e servizi indicati nella domanda saranno interpretati in maniera letterale, mentre in precedenza bastava indicare il titolo di una classe di prodotti e servizi per coprire tutti i prodotti e servizi in tale classe.
Per i marchi depositati prima del 22 giugno 2012 è possibile richiedere la modifica dell’indicazione dei prodotti e servizi al fine di adeguarla alle nuove norme.
Il termine per effettuare eventuali modifiche scade il 24 settembre 2016.
Novità in vigore dal 23 marzo 2016
- Costerà meno depositare un marchio comunitario in una sola classe di prodotti: attualmente la tassa di deposito del marchio comunitario comprende le prime tre classi di prodotti e servizi, e rimane invariata anche nel caso in cui le classi designate siano meno di tre. A partire dal 23 marzo 2016, depositare o rinnovare un marchio in una classe costerà meno. La tassa aumenterà proporzionalmente al numero di classi di prodotti e servizi.
- Il marchio comunitario cambierà nome in “marchio dell’Unione Europea”.
- L’Ufficio per l’Armonizzazione nel Mercato Interno cambierà nome in “Ufficio dell’Unione Europea per la proprietà intellettuale”.
Tempi di attuazione più lunghi (2017 e oltre)
- Merci contraffatte provenienti da paesi extra UE: i titolari di diritti di marchio potranno richiedere l’intervento delle autorità doganali per impedire l’ingresso nell’Unione Europea di merci che violano i diritti del marchio anche se le merci sono in transito e non destinate ad essere immesse in commercio nell’Unione Europea.
- Indicazioni geografiche e denominazioni di origine: in tutti i paesi dell’Unione Europea sarà possibile opporsi alla registrazione di marchi in base ai diritti derivanti da indicazioni geografiche o denominazioni di origine.
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EVENTI CON SIB